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  • ladonnaelettrica

Le Pupoj di Elisabetta

piccole visioni silenziose, fragili e piene di sogni.


Ho conosciuto Elisabetta Marconi almeno una decina di anni fa in occasione di eventi segreti creati per condividere e ascoltare la buona musica underground nel circondario di Forlì. A quei tempi non sapevo molto di lei ma capii subito che si doveva trattare di una donna poliedrica dalla personalità artistica. In particolare notai la sua generosità e la cura con la quale si occupava di ciò che le piaceva fare: cucinare, recitare, scrivere, comunicare.

Qualche anno più tardi, in occasione dell'unione in matrimonio di cari amici, la "Betta" (noi tutti la chiamiamo così) ebbe l'idea di creare le Pupoj che poi sarebbero diventate le testimoni di quell'amore. Ne ho una in casa. E' verde, come piace a me, indossa un vestito bianco di carta pesta decorato con petali veri come la conchiglia sistemata a mo’ di cappello. L'ho collocata nell'ingresso di casa perché nel mio immaginario, lei, la mia Pupoj, dà il benvenuto a chi entra. Ha le braccia alzate come a salutare e una schiena dritta sempre sull'attenti.



La Pupoj è una creazione che sembra animata, pare proprio dotata di un proprio spirito.

A queste bambole filiformi la Betta accosta spesso un biglietto che contiene un “pensierino” scritto da lei con approccio naïf, un richiamo alla parte fanciulla che si trova dietro le nostre maschere per rievocare l’autenticità dei sentimenti che hanno ispirato la creatività.



Un’altra importante caratteristica di queste creature è che sono costituite di materiali “poveri”, basici, occasionali, destinati a diventare carburante di questa energia che le Pupoj trasmettono.



Mossa dalla curiosità di capire come l’autrice riesca a trasmettere tanta forza vitale a opere così effimere e delicate, le ho rivolto alcune domande, e mi ha gentilmente risposto.


A chi ti rivolgi quando crei le tue Pupoi?

Le Pupoj sono rivolte al femminile che dimora in ognuno di noi, a chi vuol sognare e a chi cerca la bellezza negli occhi degli altri.


A chi (o a che cosa) ti ispiri per la loro creazione?

Spesso una Pupoj nasce dall'idea che mi son fatta di una persona che ho incontrato sul lavoro, a volte in uno sguardo per strada, altre nei miei di sogni, quelli fatti ad occhi aperti. Capita che una Pupoj venga concepita mentre ascolto una storia oppure dal fascino di un'amica o dalle lacrime costrette dietro agli occhi. Anche da un nome particolare o che risveglia in me volti di quando ero bambina, come quando ho creato la Vestale Sirle. Era una signora anziana conosciuta in uno studio medico, i genitori le diedero (a modo loro) il nome dell'enfant prodige "Shirley Temple". Poi ce n’è un’altra dedicata al grande David Bowie…



Ci sono occasioni in cui le esponi? Progetti per il futuro?

Sto ideando proprio in questi giorni un evento (per primavera 2024) con protagonisti i fiori e gli abiti delle Pupoj. Partirà o finirà tutto con una sfilata, ogni Pupo (umana) avrà una storia da raccontare. Di più non posso dirti perché devo mettere insieme tutte le idee che mi son venute. Ti dico solo che finalmente si è riaperta la porta della creatività e della progettazione!

Nel frattempo sto valutando di ampliare i materiali con i quali lavoro, ad esempio ho adottato l’uso di scampoli di tessuto per realizzare i vestiti delle Pupoj come ho fatto per il bellissimo evento di Meraveja tenutosi da poco al museo del sale di Cervia.


Per seguire le avventure della Betta con la sua produzione di Pupoj c’è il profilo Instagram oppure si può mettere un “mi piace” sulla sua pagina Fb, chissà quali altre animucce prenderanno vita attraverso le sue mani che chissà un domani potrebbero raccontare di te, che stai leggendo.

Come dal primo post di questo blog chiudo ringraziando la donna elettrica protagonista.


GRAZIE ELISABETTA, CHE SAI TRASMETTERE CON GENTILEZZA E RISPETTO ECOLOGICO, LA CURA, L’AMORE E L’ELETTRICITÀ VITALE A CHI A TE SI AVVICINA, ATTRAVERSO I TUOI OCCHI, IL TUO CUORE, LE TUE MANI, LE TUE PUPOJ.

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